Zales TBD

Blog di sana e robusta risoluzione

Come quella foto che ti ho fatto a Grimaud, vero? Tutti andavano al porto, ma noi abbiamo deciso di salire, di seguire l’istinto.
Esiste un punto in cui non puoi fermare la macchina e tornare indietro, la strada è troppo stretta. L’incazzatura sale, poi scollini, e ti si apre davanti quel paesaggio che solo la costa francese può darti: lavanda a perdita d’occhio, un mulino a vento alla prossima curva ed una fontana. Il resto tutto arido, a strisce di terra rossa e sabbia.
Ti sei messa su un muretto a secco, a strapiombo sull’infinito verde della collina. Seduta a gambe incrociate, con la macchinetta da due lire spianata, a scattare tonnellate di sfocature.
Ho provato a dirti: «Il mare è troppo lontano, fa troppo caldo, le colline verranno sfocate, siamo troppo in alto per fare una foto decente…» sconsolato, ma tranquillo.
E tu: «Hai un po’ rotto il cazzo con tutte ste menate tecniche! Toh, fai tu che sai…»
Ne ho fatte un paio per dimostrarti dio solo sa cosa…
Poi ho scattato quella. Non è un capolavoro, ho solo applicato quelle quattro regole che mi hanno insegnato. Ho messo un soggetto in primo, ho scelto uno sfondo per il soggetto, l’ho spostato di lato, ho puntato all’infinito.
Quella foto ti ha accompagnato ancora per anni. Ne ho una nascosta da qualche parte. Il pensiero che quella foto era con te per tutto il tempo in cui io non ero con te mi ha fatto male. Molto. Ho scattato io quella foto. Quando ancora speravo di poterci fare qualcosa con quelle foto. Quando speravo di poter portare all’infinito tutto.
Il 5 marzo è la mia data dell’infinito. Ho tra le mani quella foto e mille altre. Ho tra le mani tutto quello che ho dovuto imparare a quantificare. Ho tra le mani tutto quello che ho imparato a dover quantificare.
L’infinito non esiste, è un illusione.


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