Zales TBD

Blog di sana e robusta risoluzione

Correre

Mi alzo e cammino.
Il peso passa da una gamba all’altra, il movimento si scompone in mille altri piccoli movimenti in equilibrio. Ad ogni passo ne segue un altro, e poi un altro e poi un altro. La pianta del piede, la caviglia, il ginocchio e l’anca trasmettono l’inclinazione del terreno, la densità, l’attrito, i muscoli assorbono le imperfezioni del terreno come una macchina perfetta. Instabile ma perfetta. Troppi pochi appoggi per essere perfetta. Tre andrebbero bene, quattro sarebbero giusti, più di quattro sarebbero complicati da gestire. Abbiamo due gambe, quando siamo fortunati, e con due gambe affrontiamo il terreno che scegliamo di persorrere.
Il ritmo diventa più veloce, ogni passo si allunga di qualche centimetro ad ogni frazione di movimento. Le anche diventano parte mobile e seguono la macchina in movimento.
Il momento in cui il tacco appoggia al suolo e la punta perde mordente con una leggera spinta è veloce, uno scambio di compiti invisibile e che richiede più sforzo di tutti gli altri movimeni messi insieme.
Il ritmo accelera ancora. Il passo diventa lentamente falcata nel momeno in cui una frazione di secondo passa tra il sollevarsi della punta e l’appoggio del tacco a terra.
È la differenza tra camminare e correre. È la differenza tra lento e veloce.
Ogni volta che la gamba a terra assorbe il peso del corpo, l’altra percorre la via opposta, lasciando piccoli detriti in movimento quando si stacca dalla superficie.
La gamba che non tocca terra dovrà assorbire il peso nella prossima fase, e la frequenza di questi movimenti dovrà aumentare. La gamba libera ne è consapevole e più rapidamente di quella a terra si sposta in uno scatto di fierezza, rilassa la muscolatura di supporto e contrae la parte di reazione aerea, mettendosi in posizione per assorbire il prossimo colpo con il terreno.
Nel momento in cui il tacco tocca la superficie c’è tutta la drammatica realtà di un dio che cade dall’Olimpo, di un fulmine che attraversa un albero e lo incendia, ma dall’altra parte, l’altro arto è pronto a rilassarsi una frazione di secondo, ma attento a tornare in posizione.
Quello che nessuno nota in tutto questo trambusto è il momento in cui entrambe le gambe non sono a terra, i piedi al massimo della distanza possibile. Tutto è contratto nel momento per cui vale davvero la pena muovere la propria massa, lasciare che qualcosa dentro si liberi, ed illudersi di essere leggeri tra un passo e l’altro. Sentisi liberi nella frequenza di un corpo libero che si muove.
È il modo in cui gli esseri umani volano.


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